giovedì 18 agosto 2011

Il pianista nel centro commerciale

Cammino distrattamente all'interno di un centro commerciale, in compagnia di un'amica violinista. Ursula, nata in Ungheria, è attualmente un elemento di spicco dell'organico di due filarmoniche internazionali. Tutt'a un tratto, mi afferra un braccio e lo stringe.
"Ascolta!"
Io tendo le orecchie. Sento voci di adulti, grida di bambini, rumori di televisori accesi nei negozi di elettrodomestici, tacchettii di scarpe sul pavimento di mattonelle e... quella musica di sottofondo, onnipresente in tutti i centri commerciali del mondo.
"Allora, non è meraviglioso?"
Rispondo che io non sto udendo niente di meraviglioso o di anormale.
"Il pianoforte!" dice, guardandomi con aria delusa. "Il pianista è stupendo!"
"Sarà una registrazione."
"Non dire stupidaggini."
Ascoltando con più attenzione, risulta evidente che si tratta di musica dal vivo. È un brano di Chopin e, adesso che riesco a concentrarmi, le note sembrano soverchiare tutti i rumori che ci circondano. Percorriamo i corridoi pieni di gente, di negozi, di offerte speciali, di cose che, come recitano gli annunci, possiedono tutti — tranne me o voi. Arriviamo in un'area di ristoro: gente che mangia, chiacchiera, discute, legge il giornale - sotto gli occhi di una di quelle attrazioni che i centri commerciali si sforzano di offrire ai clienti.
In questo caso, è un pianista seduto davanti alla tastiera del proprio pianoforte.
L'uomo esegue altri due brani di Chopin, prima di passare a Schubert e a Mozart. Avrà una trentina d'anni; un cartello sistemato accanto al piccolo palco spiega che si tratta di un famoso musicista
della Georgia, una delle ex repubbliche sovietiche. Quando ha cercato un lavoro, deve aver trovato tutte le porte chiuse e, in preda alla disperazione, si sarà rassegnato a esibirsi lì.
Io, però, non sono totalmente sicuro che adesso sia davvero in quel posto: infatti, i suoi occhi affondano nel mondo magico in cui sono state composte quelle musiche, mentre le mani volteggiano sulla tastiera per condividere con i presenti l'amore, lo spirito, l'entusiasmo, il meglio di sé e dei suoi anni di studio, di concentrazione e disciplina.
Ma c'è una cosa che il pianista sembra non aver capito: che nessuno — assolutamente nessuno - è lì per ascoltarlo; il suo pubblico vuole far compere, mangiare, distrarsi, guardare le vetrine, incontrare gli amici. Una coppia si ferma accanto a noi: chiacchiera a voce alta per un momento, prima di proseguire. Il pianista non l'ha neppure notata: sta ancora parlando con gli angeli di Mozart. Di certo, non si è accorto nemmeno di una platea attenta composta di due sole persone, una delle quali - una talentuosa violinista — lo ascolta con gli occhi inondati di lacrime.
Mi sovviene una cappella nella quale entrai casualmente e scoprii una ragazza che stava suonando per Dio. Ma quello era un luogo sacro, lì aveva un senso. Adesso, invece, nessuno ascolta davvero, probabilmente neanche Dio.
Non è vero: Dio sta ascoltando. Dio è nell'anima e nelle mani di quest'uomo, che si sforza per dare il meglio di sé, indipendentemente dai riconoscimenti o dal compenso che riceverà. Suona come se fosse alla Scala di Milano, o all'Opera di Parigi. Suona perché questo è il suo destino, la sua gioia, la sua ragione di vita.
Sono pervaso da un sentimento di profonda riverenza per un uomo che, in quel momento, mi sta riportando alla mente una lezione importantissima: "Tu hai una leggenda personale da perseguire e rispettare, e nient'altro. Non è importante se gli altri ti sostengono, ti criticano, ti ignorano, ti tollerano: stai agendo così perché questo è il tuo destino sulla terra, è la fonte di ogni gioia."
Il pianista conclude un altro brano di Mozart e, finalmente, si accorge della nostra presenza. Ci saluta con un cenno del capo educato e discreto, che noi ricambiamo. Ma subito ritorna nel suo paradiso: è meglio che dimori lì, che non sia sfiorato da alcunché di terreno, neppure dai nostri timidi applausi. Che sia di esempio per tutti noi. Quando crediamo che nessuno presti attenzione a ciò che facciamo, dobbiamo pensare a questo pianista: stava parlando con Dio attraverso il suo lavoro, e tutto il resto non aveva alcuna importanza.


Paulo Coelho
[Tratto da: "Sono come un fiume che scorre"]

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